Si vuole che il primo nome della Calabria fosse stato "Aschenazia" dal suo primo abitatore "Aschenez", nipote di Jafet, figlio di Noe'. Egli sarebbe approdato sulla costa dove ora sorge Reggio Calabria, che, a perenne memoria dell'ipotetico avvenimento, ha intitolato a lui una strada: "via Aschenez ".

30 agosto 2007

Il Ministero ha finanziato il Calabria Teatro Festival

CATANZARO. Il Ministero per i Beni e le Attività culturali ha assegnato un finanziamento pari a due milioni e 200mila euro al Progetto “Calabria Teatro Festival”, con il quale l’assessorato regionale alla Cultura ha partecipato al bando pubblico per la ripartizione del fondo di 20 milioni di euro per ciascuno degli anni 2007, 2008 e 2009, istituito dalla Legge Finanziaria 2007 per l’attuazione di accordi di cofinanziamento tra lo Stato e le autonomie, al fine di sostenere interventi in materia di attività culturali svolte sul territorio italiano. Il contributo statale è di 600mila euro per le attività del 2007, 800mila per il 2008 e 800mila euro per il 2009. “Calabria Teatro Festival”, è scritto in un comunicato, tende al rilancio del sistema teatrale calabrese ed è frutto dell’attività di coordinamento e promozione dell’assessorato alla Cultura con la partecipazione fattiva delle Province e dei Comuni di Catanzaro, Cosenza, Vibo Valentia, Crotone e Reggio Calabria. Il progetto si sviluppa su cinque linee guida: promozione e fruizione delle aree archeologiche della Magna Grecia calabrese; rilancio e messa in rete dei teatri ubicati nelle città capoluogo e nelle province; sviluppo delle identità poetico-linguistiche e dei nuovi linguaggi; sostegno e stimoli produttivi per le nuove generazioni artistiche e, infine, attivazione di progetti didattico-formativi. “Calabria Teatro Festival - ha affermato l’assessore Sandro Principe, commentando il provvedimento ministeriale - è un progetto ambizioso che va ad inserirsi nel vasto programma culturale che l’assessorato alla Cultura, che ho l’onore di guidare, sta portando avanti con gli obiettivi di riscoprire e valorizzare al massimo storia, tradizioni e beni culturali, e di favorire la realizzazione di una rete di musei, biblioteche, teatri e luoghi di cultura che, oltre ad assolvere ad una funzione istituzionale, possano rappresentare per le comunità punti di sintesi, momenti di accoglienza e di incontro tra le persone”. “È utile ricordare, inoltre, che la Regione - ha aggiunto Principe - è stata in grado di partecipare al bando ministeriale in quanto ha potuto presentare, per il richiesto cofinanziamento, il Festival Magna Grecia Teatro, che viene realizzato con risorse comunitarie di competenza regionale pari a tre milioni di euro nel triennio 2007-2009. Da tutto ciò si evince che le attività teatrali nel triennio considerato, grazie alla capacità programmatoria e propositiva della Regione, saranno sostenute con risorse straordinarie pari cinque milioni e 200mila euro, che andranno ad aggiungersi ai finanziamenti derivanti dalle leggi regionali ordinarie di settore”. “Nell’esprimere grande soddisfazione non solo e non tanto per il contributo ricevuto quanto per il riconoscimento implicito che proviene dal ministero per i Beni e le Attività culturali per le nostre scelte di politica teatrale e di promozione culturale - ha concluso l’assessore Principe - ringrazio il dirigente generale del Dipartimento, Laura Mancuso, e quanti hanno collaborato all’ideazione del progetto. Un ringraziamento particolare rivolgo al presidente Loiero, per i suoi preziosi suggerimenti e per il suo impegno nel sostenere le iniziative culturali della Regione”.

Fonte: giornaledicalabria.it

11 agosto 2007

Dante Castellucci: il Comandante Facio

Dopo più di mezzo secolo il libro “Il piombo e l’argento” scritto dallo storico Carlo Spartaco Capogreco costato 15 anni di ricerca ha reso giustizia alla verità e onore al giovane Dante Castellucci, già insignito da una medaglia d’argento, ma con una falsa motivazione, quella di essere morto in uno scontro con un gruppo di fascisti. Devo dire che, leggendo delle celebrazioni che si sono svolte in Calabria in occasione della Festa della Liberazione, caratterizzate da una serie di iniziative di carattere istituzionale in cui ha avuto parte predominante l’incredibile storia di Dante Castellucci, sono stato incuriosito dalla vicenda del “comandante Facio”, o per meglio dire della morte di Dante Castellucci, al punto di andare a fare delle ricerche sul web. Il nome di battaglia Facio è legato allo scontro del Lago Santo, sul confine con l’Emilia, dove dodici partigiani tennero testa a 180 repubblichini. L’episodio bellico trasformò Dante Castellucci in una leggenda. Molto interessante un articolo, “Ucciso dai comunisti ma commemorato come vittima del fascismo”, pubblicato sul Corriere della Sera del 19 gennaio, scritto da Dino Messina che ripercorre la storia di Dante Castellucci. Nato nel 1920 a Sant’Agata d’Esaro in Calabria, emigrato con la famiglia in Francia nel 1923. Abitò nel dipartimento Nord-Pas de Calais; qui frequentò le scuole complementari e contemporaneamente aiutava il padre nell’attività di gelataio ambulante d’estate e di venditore ambulante di carbone e cartoni d’inverno. A Fenain studiò musica e pittura da privatista: suonava il violino. Rientrato in Italia nel 1939, è chiamato alle armi nel 1940 in artiglieria ad Aqui Terme. Durante una licenza conosce Otello Sarzi (il quale in seguito gli farà conoscere i fratelli Cervi) allora al confino a S. Agata d’Esaro. Sempre nello stesso anno partecipa alla campagna contro la Francia sulle Alpi occidentali. Nel luglio del ’42 è con l’Armir in Russia. Contrae una grave malattia che gli permette una lunga licenza e gli evita la ritirata nella neve. Si avvicina al partito comunista e partecipa con Alcide Cervi alle prime formazioni partigiane in Emilia. Il 25 novembre 1943 viene catturato con i Cervi; si finge francese e viene separato dai partigiani italiani per essere portato nella Cittadella di Parma insieme ad altri militari stranieri catturati in Italia. Da qui evade la notte del 24 dicembre 1943 e torna a combattere con i partigiani in Lunigiana. Fu vice capo del distaccamento Picelli, di cui divenne comandante alla morte di Fermo Ognibene. “Facio” fu assassinato al termine di un processo-farsa a Adelano di Zeri, inscenato il 21 luglio del 1944 da un gruppo di dirigenti partigiani comunisti con l’accusa di essersi impossessato di un aviolancio. A pilotare l’esecuzione fu Antonio Cabrelli, detto “Salvatore”, commissario politico della IV Zona operativa ligure, doppiogiochista e informatore dell’Ovra, come dimostrerebbero i documenti olografi conservati nell’Archivio nazionale di Stato in cui lo stesso si dichiarò fedele al fascismo.
Ma perché il Pci condannò a morte Dante Castellucci, partigiano con i Cervi?
Laura Seghettini, compagna di Facio e vice comandante della XII Brigata Garibaldi, ne parla in prima persona nel libro-testimonianza “Al vento del Nord”: “Salvatore ambiva a un ruolo di primo piano nella formazione spezzina che andava organizzandosi; la presenza di Facio l’avrebbe ostacolato nel raggiungimento di questo suo obbiettivo. Alla fine della guerra Laura Seghettini denunciò Antonio Cabrelli per quanto accaduto, ma per lui non ci furono conseguenze. In un articolo del 29 gennaio 2007 su La Nazione Laura Seghettini ha affermato: ”Ho scelto di non parlare più della vicenda sino ad oggi, divisa tra la voglia di giustizia e il desiderio di non nuocere al partito e alla lotta partigiana”.
Lo stesso Capogreco nel suo libro conferma che ad uccidere il comandante Facio fu il piombo di un plotone garibaldino, dopo un processo farsesco motivato da logiche di ambizione e di potere personale, che si coprirono di ideologia e cercarono copertura fra le diverse formazioni partigiane presenti nella zona.
Quindi è palese che la verità, saputa fin dall’inizio soprattutto dai vertici del Pci e taciuta in quanto troppo scomoda per il partito e per la lotta partigiana, è emersa fortemente al punto, mi auguro, da far cambiare la falsa motivazione dell’attribuzione della medaglia d’argento rendendo onore e giustizia alla personalità dell’eroe Dante Castellucci, il Comandante Facio.

Scheda libro da: www.donzelli.it "All’alba del 22 luglio 1944, Dante Castellucci viene giustiziato da un plotone d’esecuzione. Ha appena ventiquattro anni, ma la sua biografia è già ricca e intrecciata a doppio filo con le vicende della nazione e della Resistenza italiana. Emigrato da bambino in Francia, al rientro in Italia Dante aveva partecipato al conflitto mondiale sulle Alpi e lungo il Don. Aveva poi disertato, scegliendo di combattere per la libertà: inizialmente quale braccio destro di Aldo Cervi, primo degli eroici sette fratelli di Campegine, poi al comando del battaglione «Guido Picelli» della Brigata Garibaldi parmense, in cui si distinse per il carisma e le straordinarie capacità operative. Facio – questo il nome di battaglia – fu protagonista delle ardimentose azioni militari sull’Appennino tosco-emiliano, che ne fanno ancora oggi un autentico eroe presso le comunità della Lunigiana e dall’alta Valle del Taro. E sono quelle stesse comunità a bollare a tutt’oggi con disprezzo gli uomini che ne vollero la morte, finora avvolta nel mistero. A giustiziarlo, infatti, non furono né i tedeschi né i fascisti, ma i suoi stessi compagni di lotta, dopo un processo-farsa alla cui sentenza nessuno ha mai creduto. Oggi riporta alla luce questa vicenda l’appassionata e rigorosa ricostruzione di uno storico da sempre impegnato sul fronte più scabroso delle vicende della seconda guerra mondiale, dimostrando che è possibile indagare nelle pieghe e nelle piaghe più controverse della Resistenza, accettandone le zone d’ombra senza intaccare l’alto significato della lotta di Liberazione".