Il 28 dicembre 1908 alle ore 5:20’27” ci fu un sisma di intensità pari al 10° grado della scala Mercalli che si stima uccise fra 50 e 100 mila persone in Sicilia e Calabria.
Quella mattina Messina, Reggio Calabria e i territori intorno alla zona dell’epicentro, lo stretto di Scilla e Cariddi, cambiarono faccia per sempre.
Voglio ricordare quell’apocalisse riportando alcune testimonianze dell’epoca lette sul numero di dicembre di Focus Storia in un interessantissimo servizio di Paola Grimaldi.
“Ero in letto allorquando sentii che tutto barcollava intorno a me e un rumore di sinistro che giungeva dal di fuori. In camicia, come ero, balzai dal letto e con uno slancio fui alla finestra per vedere cosa accadeva. Feci appena in tempo a spalancarla che la casa precipitò come un vortice, si inabissò, e tutto disparve in un nebbione denso, traversato come da rumori di valanga e da urla di gente che precipitando moriva”.
Esperienza raccontata all’Avanti! dal futuro deputato Gaetano Salvemini, docente all’università, che quella mattina perse moglie, i 5 figli e una sorella. Fu l’unico sopravvissuto della sua famiglia.
“I muri erano sbattuti come foglie; da tutte le case e le finestre una grandine di tegole, di vasi, di parapetti, di davanzali, di cornicioni si abbatteva nelle strade con un frastuono altissimo […] Mi ricordo che udii cadere le campane della cattedrale, e pensai: addio, Messina, addio, vita”.
Racconto del signor Monforte, telegrafista della stazione ferroviaria di turno quella mattina, al quotidiano Il Mattino.
“Tale era l’intensità delle scosse e la violenza con cui le pareti venivano smosse e il sottosuolo si agitava, che non solo le pareti si piegavano come fogli di carta, ma io stesso mi sentii sbalzare due o tre volte all’altezza di un metro dal pavimento”. “Tenendomi lungo il muro tentai di camminare per le strade. Il rumore delle case crollanti mi assordava. […]Non vi era che un lungo, lugubre, immenso strillo da tutti i punti della città: aiuto,aiuto!”
Testimonianza di Riccardo Vadalà direttore della Gazzetta di Messina che quel mattino si trovava in redazione.
Dopo che la terra tremò, dal mare si alzò un’onda anomala alta 10 metri che travolse macerie e persone. Il tenente di vascello Saccarese, del torpediniere Saffo, dalle pagine del giornale La Tribuna descrisse così il maremoto: “Il mare improvvisamente si gonfiò alzandosi in un’enorme montagna ruggente dallo stretto e si rovesciò con cupo rombo furioso […] Un istante dopo la superficie agitata del mare apparve coperta di botti, d’imbarcazioni, di rottami, di battelli, di casse di petrolio, di frutta, d’agrumi e un nembo fittissimo coprì la povera città da cui si elevavano acute strazianti urla invocanti soccorso”.