Si vuole che il primo nome della Calabria fosse stato "Aschenazia" dal suo primo abitatore "Aschenez", nipote di Jafet, figlio di Noe'. Egli sarebbe approdato sulla costa dove ora sorge Reggio Calabria, che, a perenne memoria dell'ipotetico avvenimento, ha intitolato a lui una strada: "via Aschenez ".

8 settembre 2012

Dal Pollino all'Aspromonte, il tartufo è 'made in Calabria'

Non solo nelle Langhe in Piemonte o nei boschi dell'Umbria. Ma anche sui monti del Pollino e della Sila, e sulle pianure di Sibari. Per i più è una novità, ma il tartufo in Calabria è da tempo una realtà, con decine e decine di chili raccolti nelle stagioni migliori. "In Calabria il tartufo -racconta a Labitalia Franco Tomaino, cercatore di tartufo di San Bernardo di Decollatura, in provincia di Catanzaro- c'è sempre stato, solo che è stato poco conosciuto e valorizzato. Ci sono addirittura otto varietà di tartufo. Io mi sto battendo da anni in tal senso -aggiunge- e devo dire che ho trovato l'appoggio di ristoranti come la 'La Rosa nel bicchiere' di Soveria Mannelli che hanno deciso di puntare su questo prodotto".
Prodotto che, vista la composizione del terreno calabrese, 'spunta' in determinate zone. "In Calabria il terreno -spiega- è a prevalenza acida con piccole macchie calcaree. Ed è qui che crescono i tartufi. In particolare sul Pollino, in Aspromonte, sulle Serre, in provincia di Catanzaro, in Sila, in alcune zone pianeggianti a Sibari e Pizzo e anche in provincia di Crotone".

Con raccolti che possono raggiungere risultati importanti. "Nelle annate buone -spiega Tomaino- un cercatore di tartufi professionista può arrivare a raccogliere anche dieci chili di tartufo a settimana; in alcune, come quella di quest'anno, se si riesce a portare a casa un chilo e mezzo ci si può ritenere fortunati, visto che in montagna ha piovuto pochissimo".

Anche se dipende dalle diverse qualità. "Il tartufo -racconta- si raccoglie tutto l'anno, specie nel periodo invernale e primaverile, ma buone quantità si trovano anche d'estate e d'autunno. Dipende dalle diverse specie. Per alcune varietà, come il nero estivo e il bianchetto, si può arrivare a raccoglierne grandi quantità, per altre come il bianco, che è raro dovunque, si parla invece di quantità molto piccole".

Ma quanti sono i 'cercatori' del prezioso tubero in Calabria? "I cercatori professionisti, e cioè coloro -spiega- che raccogliendo il terreno capiscono subito se vi può crescere il tartufo, sono pochi. Ma la passione si sta diffondendo sempre di più".

E non sono pochi i ristoranti calabresi che servono questo prelibato prodotto della terra sulle loro tavole. "Ci sono tanti ristoranti di alto livello in Calabria che acquistano i miei tartufi -spiega Tomaino- come appunto la 'Rosa nel bicchiere' di Soveria Mannelli, 'Dattilo' di Strongoli, 'L'oasi' di Gizzeria. La passione per il tartufo si sta diffondendo. E anche i turisti, che magari, all'inizio, sono diffidenti sul prodotto, poi si ricredono e ne riconoscono l'alta qualità".

Quindi il prezioso tubero 'parla' anche calabrese, come spiega a Labitalia Orazio Lupìa, chef della 'Rosa nel bicchiere' della famiglia Rubbettino. "Io in passato -spiega- utilizzavo tartufo di Norcia e di Alba, da questo anno invece utilizzo per i miei piatti solo prodotti calabresi. Non faccio i tradizionali tagliolini al tartufo -continua- ma lo utilizzo bensì come supporto a nostri piatti tipici locali, rivisti naturalmente in ottica moderna".

"Ad esempio, da poco -aggiunge- ho ideato la caloppa di suino nero glassata alle noci con medaglioni di tartufo nero e cicorietta di campo. Quindi prodotti del nostro territorio con il valore aggiunto del tartufo, che è anch'esso un prodotto della nostra terra. Ormai utilizzo il tartufo in tutti i piatti, e a breve anche nel dessert". Una pietanza 'nuova' per la Calabria, e anche per i turisti che arrivano nella regione. "All'inizio sono un po' sorpresi -racconta Lupìa- perchè non si aspettano di trovare in Calabria il tartufo, ma va semplicemente stimolata la loro curiosità, e gli va spiegato che anche questo è un prodotto della nostra terra".

E la qualità del tartufo 'made in Calabria' ha varcato anche i confini regionali, come racconta Tomaino. "L'anno scorso a Natale aziende umbre hanno preferito acquistare il mio tartufo nero, varietà uncinatum, a 300 euro al chilo -conclude- piuttosto che quello piemontese, che andava a 250 euro al chilo, perchè i clienti preferivano appunto quello calabrese".

5 settembre 2012

Carmine Abate vince il Premio Campiello

Questa volta Carmine Abate, già fra i cinque autori finalisti del Campiello nel 2004 con 'La festa del ritorno', è riuscito a superare tutti e anche con un notevole distacco sugli altri autori diventati "suoi amici" in questi mesi di appuntamenti in giro per l'Italia del premio promosso da Confindustria Veneto. Con la sua saga di una famiglia "davvero specialé raccontata ne 'La collina del vento' (Mondadori), lo scrittore arbresh, la comunità albanese che vive in Calabria, è il supervincitore della cinquantesima edizione del Premio Campiello con 98 voti, 40 più di Francesca Melandri che con 'Piu' alto del maré (Rizzoli) ne ha avuti 58. Durante lo spoglio la scrittrice, che indossava un abito confezionato dalla figlia quindicenne, è stata per lungo tempo a pari merito con Abate nella serata finale del premio al Teatro La Fenice, condotta da Bruno Vespa e trasmessa su Rai1.
 "Dedico il premio a mia moglie e ai miei figli" ha detto Abate stringendo fra le mani la Vera da Pozzo, simbolo del Campiello, e con emozione ha aggiunto: "in questo cinquantenario del premio è una responsabilità ancora più grande scrivere storie non solo intriganti ma impegnate come questa. Mi sembra tutto un sogno. Un po' me lo aspettavo, ma non questo grande distacco. Tutto è andato oltre ogni rosea aspettativa" ha sottolineato Abate, che è emigrato in Germania con la famiglia e ora vive a Trento e dice di sentirsi un "autore multiculturale". La storia della famiglia Arcuri raccontata ne 'La collina del vento'', spiega, è piaciuta "perché dà speranza". Grande festa anche per la Mondadori che dopo Alessandro Piperno, vincitore del Premio Strega, si è aggiudicata così in una sola annata anche l'altro più ambito premio letterario italiano. Terzo il sardo Marcello Fois con 'Nel tempo di mezzo' (Einaudi), 49 voti, che nel corso della serata che ha visto la partecipazione di Arisa, Gigliola Cinquetti e Anna Valle, ha voluto ricordare i minatori del Sulcis. "Sono figlio unico ma ho molti fratelli che sono sottoterra e non sono morti" ha detto Fois.

Al quarto e ultimo posto i due giovani autori di questa edizione - che ha visto Arisa cantare fra l'altro La notte-: Marco Missiroli con 'Il senso dell'elefanté (Guanda) , 36 voti e il veneziano Giovanni Montanaro con 'Tutti i colori del mondo' (Feltrinelli), 32 voti. Premio alla carriera a Dacia Maraini, che ha parlato del valore della letteratura come testimonianza. "La letteratura non può cambiare il mondo, può aiutare a capire meglio dove stiamo andando. E' importante - ha detto la scrittrice - lavorare con la memoria. Non mi sembra la letteratura sia in crisi come la situazione economica. E' in buone condizioni" La giuria dei Trecento Letterati dei quali hanno votato 273, era composta da 22 casalinghe, 50 imprenditori, 92 lavoratori dipendenti, 76 liberi professionisti e rappresentanti istituzionali, 36 pensionati e 24 studenti e fra i giurati noti c'erano Samuele Bersani, Paolo Guzzanti e Gaetano Pesce.
Immagine e articolo tratti da Ansa.it