Si vuole che il primo nome della Calabria fosse stato "Aschenazia" dal suo primo abitatore "Aschenez", nipote di Jafet, figlio di Noe'. Egli sarebbe approdato sulla costa dove ora sorge Reggio Calabria, che, a perenne memoria dell'ipotetico avvenimento, ha intitolato a lui una strada: "via Aschenez ".

16 novembre 2006

Corrado Alvaro

Reggio Calabria Monumento Corrado Alvaro

Giorni fa ho letto di un incontro su Corrado Alvaro, promosso dalla Cineteca della Calabria che si è svolto a Casa Zerilli – Marimò della New York University. In questo incontro, sostenuto dall'Assessorato regionale alla Cultura e beni culturali e dall'Amministrazione provinciale di Catanzaro, è stata posta attenzione al profilo poco celebrato del giornalista calabrese, quello di sceneggiatore e critico cinematografico. Tra il 1930 e il 1950 Alvaro collaborò a numerose sceneggiature; le più famose “Riso Amaro” di Giuseppe De Santis e “ Addio Kira – Noi Vivi “ di Goffredo Alessandrini. Giovanni Scarfò, direttore della Cineteca, nell'incontro di New York, si è espresso in questi termini: “Corrado Alvaro è stato un intellettuale a tutto campo, mosso da un’etica morale tendente a comprendere i cambiamenti che stavano avvenendo nella società anche a causa del cinema, l’ “arte meccanica”, come la chiamava lui stesso, che rischiava di rendere l’uomo impassibile di fronte alle tragedie, così come “Serafino Gubbio operatore” di Luigi Pirandello”.
Erano presenti all'incontro alcuni studenti della New York University accompagnati da Marcella Coppoletti, docente di lingua italiana, che ha confermato l'interesse e l'attenzione degli studenti americani per la lingua e gli autori italiani.
Ci si potrebbe chiedere cosa mi ha spinto a scrivere di questo incontro sull'autore calabrese, e soprattutto a documentarmi su Corrado Alvaro. Indubbiamente non può fare che piacere, in quanto italiano e soprattutto calabrese, che si parli e si organizzino incontri negli Stati Uniti su un intellettuale calabrese a distanza di mezzo secolo dalla sua scomparsa. Mi fa molto arrabbiare, e spero che non sia ancora così, che nessuna mia insegnante di lingua italiana mi abbia fatto conoscere e studiare Corrado Alvaro, considerato dalla critica “scrittore di vigorosa serietà morale, pessimista rievocatore di una sua mitica e cara Calabria “. Infatti Corrado Alvaro, pur ricoprendo diversi incarichi lavorativi in diverse parti d'Europa( Francia, Russia, Turchia ), è profondamente radicato alla sua terra e sin dalle prime opere manifesta la necessità di narrare la realtà umile, povera e dolorosa della Calabria sempre con i toni lirici ed evocativi di chi vive oramai lontano.
Il suo realismo, durante il fascismo, gli ha causato non pochi problemi in quanto scambiato come un atteggiamento politico ed ideologico avverso al regime.

6 novembre 2006

"Omertà per Legittima Difesa"

Ormai, quasi quotidianamente “sfoglio” su internet le pagine del “Giornale di Calabria” che mi permettono di tenermi aggiornato su quello che succede nella mia regione d’origine. Mi ha colpito negli ultimi giorni un articolo in cui è riportato quasi integralmente la lettera indirizzata al Presidente della Repubblica, al Presidente della Regione ed al sindaco di Lamezia, scritta da uno studente del liceo classico “Fiorentino” di Lamezia Terme. Guido D’Ippolito, questo è il nome dello studente, scrive:“con questa lettera non pretendo minimamente che le cose cambino, perché ho molta sfiducia su questo punto”. Infatti, dice D’Ippolito, il fine di questa lettera vuole essere meramente informativo avuto riguardo alla situazione in cui vivono i giovani lametini, soffermandosi ad elencare una serie di avvenimenti di stampo mafioso noti alle cronache che assumono una veste di “periodicità” visto il ripetersi ad intervalli regolari degli stessi. “Il negozio davanti casa mia”, dice lo studente, “esplode con una puntualità di una volta ogni sei mesi”; “abbiamo una media di due morti al mese da rapportare con 12 estorsioni al mese”. In considerazione di questi avvenimenti che si ripetono ad intervalli regolari, secondo D’Ippolito“ l’atto di omertà non può essere considerato come aiuto alla mafia ma come legittima difesa o precauzione contro la mafia: forse non esiste rimedio ad una mafia troppo radicata, che tiene sotto controllo tutti gli ambiti della vita sociale, o forse esiste. Fatto sta che la mafia è ancora qui”.
Molto significativa è la conclusione dell’articolo e della lettera: “Ma chi di noi, se avesse visto, ad esempio l’assassino di un omicidio, lo denuncerebbe se non fosse sicuro di essere tutelato? Non è giusto che ogni persona debba essere coraggiosa di fronte a queste cose quando chi dovrebbe difenderci non lo fa effettivamente”.