
Con questo nuovo lavoro, che risente dell'impostazione antropologica, Silvestro Bressi e Vito Teti offrono alcune chicche inedite da utilizzare quali spunti di riflessione sul brigantaggio che ha interessato il territorio catanzarese durante il decennio francese (1806-1815) e dopo l'Unità d'Italia. Gli autori, attraverso vari documenti ed interessanti testimonianze raccolte dalla voce degli anziani, mettono in evidenza l'influenza del fenomeno brigantaggio nella vita sociale del territorio catanzarese e lo fanno con una scrittura quasi parlata offrendo, nel contempo, aspetti poco conosciuti della vita e della storia di Catanzaro. Il brigante non viene né mitizzato né demonizzato: è visto, nel bene e nel male, come elemento identitario, figura di una storia complessa. Lungo questa linea "mediana", problematica, non ''manichea" si muove soprattutto Bressi. Producendo fonti scritte e memorie orali, citando sempre gli informatori e i testimoni, ricostruisce episodi nobili e cruenti del brigantaggio postunitario, ricorda figure eroiche e perseguitate di persone che si danno al bosco e alla montagna per fame o per vendicare un'ingiustizia o descrive bande di briganti sanguinari e terribili che non sono mossi da motivi sociali e dalla ricerca di giustizia, ma spesso da interessi ''meschini", utilizzando la ribellione e le proteste di una popolazione mortificata che conosce la violenza degli invasori. ''La memoria - scrive Vito Teti in premessa - non diventa un materiale informe, ma è rivisitata, rinnovata, riorganizzata, con intenti pedagogici e anche con un senso di appartenenza e con un forte legame ai luoghi e alla terra. Si può riflettere su queste invenzioni e certo pongono problemi metodologici e culturali di non poco conto, ma Bressi si muove sempre con onestà intellettuale, con intenti di socializzare e di condividere, con la voglia di non fare smarrire e di fare rivivere quanto ha raccolto, con un senso di pietas e dell'appartenenza". La figura del brigante, dal punto di vista antropologico e sociale, viene analizzata da Teti con numerose citazioni di documenti, attinti da una corposa bibliografia. Il libro, insomma, è il frutto di una ricerca laboriosa e unica che sicuramente offrirà, agli appassionati e agli studiosi più esigenti, significativi spunti di riflessione e di indagine. Molte vicende meritano di essere approfondite o chiarite, ma il saggio edito da Ursini è una bella testimonianza di quella voglia antica di conoscere, apprendere, rinverdendo l'antica tradizione dei ceti popolari e degli emigrati che vedevano nella scuola, nell'istruzione, nella scrittura possibili vie di riscatto.
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